Gli Dei da sempre guardano gli uomini, ne determinano le vicende, ne anelano gli amori, ne decidono la sorte. Da sempre gli uomini guardano gli Dei, cercano di comprenderne il volere, ne invidiano gli amori, ne narrano le vicende.
Ma per l’uomo contemporaneo quali sono gli Dei, di chi ammira gli amori, invidia la bellezza e imita le gesta? Chi valuta i bisogni, determina le scelte e decide, talvolta la sorte degli umani? Cosa resta se non il pensiero onirico nel quale rifugiarsi, il tempo delle trasformazioni è giunto ancora e mentre la trasmutazione si compie e già si assapora l’ambrosia nella coppa di Ebe, si rimane così, a metà del viaggio, disarmati di fronte al vuoto che ci pervade.
Fabulazione, narrare in forma di favola. Questa è la parola plasmata di Pietro Marchese, che con la materia primordiale dà forma al suo universo fantastico, egli non rappresenta un fatto, lo evoca, fissa immobile l’evento nella consapevolezza che a muoversi sia il pensiero.
Muove gli attori della sua figurazione congelando l’istante che annienta le speranze ad un passo dalla salvezza, lo sguardo enigmatico della rana e il suo corpo antropomorfo, fusi per sempre nell’attesa della soluzione.
Lascia che la comprensione dell’opera sia un pensiero individuale ma non senza indicare che al lieto fine si sovrappone solo…fine, la favola non finisce con… felici e contenti ma con…e vissero.